Progetto Trepesl, nasce a Ferla la prima comunità energetica siciliana

07/03/2022
Bollettino di Ateneo

 

Una ricerca interdipartimentale dell’Ateneo supporta la realizzazione dell’iniziativa “CommOn light” nel piccolo comune siracusano

7 marzo 2022
Mariano Campo (Bollettino di Ateneo)

CommOn light”, ovvero l’ambizione di una piccola comunità di poco più di duemila abitanti di auto produrre e distribuire l’energia elettrica, in maniera solidale e sostenibile. Succede a Ferla, sui monti Iblei in provincia di Siracusa, il primo comune siciliano a dar vita ad una Cer, acronimo che sta per Comunità energetica rinnovabile.

Dietro questo progetto pilota – di cui nella cittadina sono già molto orgogliosi, tanto che simbolicamente l’impianto fotovoltaico da 20 kW che funge da start-up è stato collocato, col benestare della Soprintendenza, proprio sul tetto del palazzo comunale – ci sono gli stimoli offerti da alcuni provvedimenti normativi: la direttiva europea Red II e il decreto legislativo 199 del 2021, che ‘benedicono’ la nascita delle Cer. Ad essi si affiancano l’entusiasmo e l’intraprendenza di un’amministrazione comunale che, con la consulenza di un team di ricercatori dell’Università di Catania impegnati nel progetto Trepesl, ha scommesso sulla via ‘verde’ all’energia elettrica, coerentemente con i traguardi già raggiunti in materia di sostenibilità, per quanto riguarda la riduzione e lo smaltimento dei rifiuti e la distribuzione di acqua potabile.

Sullo sfondo, ma mica tanto, ci sono anche le allettanti opportunità contenute nel Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che riserva spazio e risorse – oltre 2 miliardi di euro - alla transizione ecologica (ed energetica) a partire dalle piccole realtà locali, proprio attraverso l’installazione di sistemi di produzione e di accumulo da fonti rinnovabili e alla gestione dei flussi energetici da parte delle Cer.

Come Ferla, appunto, dove si è scelto un modello a regia pubblica, con il comune guidato dal giovane sindaco Michelangelo Giansiracusa (leggi l'intervista) a fare da capofila e traino in un’associazione che punta a coinvolgere cittadini privati, enti pubblici e aziende, nel ruolo di co-produttori o di consumatori, tutti con uguale dignità, consentendo a ciascuno dei protagonisti di partecipare attivamente alla transizione energetica e di ridurre allo stesso tempo i costi della bolletta.

Un laboratorio civico sugli Iblei

Una sorta di ‘kibbutz’ degli anni Duemila, o come si può definire con  termini mainstream, un laboratorio di economia circolare che, a partire dalla realizzazione delle prime due ‘case del compost’ del Sud Italia e delle ‘case dell’acqua’ di qualche anno fa, per la riduzione dell’uso di acqua in bottiglia, è passato alla costruzione di sei impianti fotovoltaici sulle strutture comunali per una potenza di 311 kW, fino alla grande idea di dar vita alla prima comunità energetica di Sicilia: in altre parole, un borgo ‘green’ nel quale si arriverà condividere a l'energia prodotta da fonte pulita e rinnovabile, in uno scambio tra pari, privati cittadini o piccole e medie imprese le cui utenze ricadono all’interno della stessa cabina di trasformazione di media tensione/bassa tensione. Chi vuole, può infatti associarsi alla Cer mettendo a disposizione, in comodato gratuito, il proprio impianto fotovoltaico (e diventare così anche produttore), oppure allacciandosi alla rete da semplice consumatore finale.

Una parte degli incentivi servirà a remunerare gli investimenti di altri cittadini che vorranno essere non soltanto consumatori ma anche produttori di energia, un’altra verrà utilizzata per garantire degli sconti in bolletta, mentre il resto sarà reinvestito all’interno della stessa comunità per ampliare la capacità energetica con altri impianti.

Il progetto, nato ufficialmente nel gennaio del 2021, è stato illustrato il 19 febbraio scorso, nel corso di un incontro che si è tenuto alla Città della Scienza dell’Università di Catania promosso nell’ambito del progetto Trepesl, che mette insieme transizione energetica e nuovi modelli di partecipazione e sviluppo locale. A raccontare la genesi e le sfide di “CommOn light”, ma anche a portare tale modello all’attenzione dell’opinione pubblica e di altri enti locali potenzialmente interessati, sono stati la coordinatrice di Trepesl Marisa Meli (dipartimento di Giurisprudenza Unict), Alberto Fichera e Rosaria Volpe (Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica, Unict), Matteo Zulianello e Fabio Armanasco (RSE - Ricerca sul Sistema Energetico), Milena Pafumi e Enrico Giarmanà (progetto Trepesl).

Sono poi intervenuti Anita Astuto, responsabile Energia e Clima di Legambiente Sicilia, il presidente del Consiglio nazionale Anci Enzo Bianco e lo stesso sindaco Giansiracusa, introdotti dalla delegata d’Ateneo alla Terza Missione Alessia Tricomi, che ha messo l’accento sulle conoscenze specialistiche acquisite dall’Università, “disponibile a supportare qualunque realtà volesse scommettersi nel processo di costituzione di nuove comunità energetiche, attraverso la trasformazione delle attività di ricerca accademiche in azioni finalizzate a una società più vivibile e sostenibile così come dettato dagli obiettivi di Agenda 2030”.

Un modello esportabile?

“È una novità che viene dal passato ma guarda al futuro – chiosa la prof.ssa Meli, certa che l’esperimento sui piccoli comuni tra qualche anno si potrà esportare anche nelle città capoluogo -, puntare su forme cooperative per responsabilizzare i singoli individui, le piccole imprese e le amministrazioni così da sfruttare in maniera virtuosa le risorse energetiche, mettendo in piedi progetti di comunità che possano recare benefici ambientali economici e sociali. Non è una bacchetta magica, ma può aiutare a invertire il trend, soprattutto se pensiamo che lo scenario è quello della lotta ai cambiamenti climatici e, più nel nostro quotidiano, della morsa del ‘caro bollette’”.

Detto degli aspetti più suggestivi, legati alla spinta che le Cer – soggetto giuridico pubblico-privato - possono offrire ai territori e alle popolazioni in materia di sostenibilità, coesione sociale, consumo energetico consapevole e vantaggi economici diffusi, vanno certamente studiati attentamente gli aspetti tecnici connessi alla localizzazione della produzione e all’accesso diretto al mercato elettrico. Alcuni di questi sono stati analizzati dal prof. Fichera e dai ricercatori Armanasco e Zulianello, tracciando in questo senso una sorta di ‘road map’ per le autorità locali incentrata sulle valutazioni degli aspetti geografici e territoriali delle aree coinvolte, dei limiti di spazi disponibili, di potenza erogabile e di consumi ammissibili, delle tecnologie applicate negli impianti di produzione e accumulo, e delle stime legate agli incentivi finanziari e alla convenienza economica. Tutto ciò alla luce delle normative europee e nazionali disponibili, ma anche degli studi e delle analisi condotti a livello accademico e delle peculiarità rilevate da una recente mappatura delle varie realtà presenti in Italia realizzata da Luiss Business School e Rse.

“Il fenomeno delle cooperative di autoproduzione di energia elettrica – riferisce Zulianello – è già molto presente nel Nord Italia, in tanti piccoli comuni dell’arco alpino, e nel 2011 erano già più di un milione i cittadini coinvolti. Prevediamo che nel 2050 un cittadino su due diventerà prosumer ossia produttore e consumatore, se vengono rispettati gli obiettivi della Ue. Sono però le dinamiche manageriali delle iniziative a definirne il successo rispetto all’operatività e alla loro concreta efficacia sui territori”. “L’Anci manifesta un’attenzione massima verso questi progetti – ha assicurato il presidente del Consiglio nazionale Enzo Bianco -, sia perché il contrasto ai cambiamenti climatici necessita di risposte concrete, sia perché soprattutto al Sud è purtroppo in preoccupante crescita il dato delle famiglie in condizioni di povertà energetica. Ma è necessario anche rigore e vigilanza da parte dei soggetti pubblici affinché nel solco di queste opportunità non si sviluppino fenomeni speculativi”.

Rendere socialmente desiderabile la conversione ecologica

Chi guarda con estremo interesse al progetto di Ferla, oltre a numerosi esperti stranieri che vengono a ‘spiare’ da vicino questa esperienza, è certamente Legambiente, che ha già assegnato al piccolo comune siracusano i ‘bollini verdi’ di Comune ‘riciclone’ e Comune ‘rinnovabile’ per i risultati raggiunti nella differenziazione dei rifiuti (75%, con 40 mila euro l’anno risparmiati per lo smaltimento in discarica). L’associazione ambientalista è oltretutto direttamente coinvolta nella Comunità energetica e solidale di Napoli Est, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, ed è anche promotrice della Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali.

“Da sempre ci battiamo per la produzione di energia da fonti rinnovabili – spiega Anita Astuto -, perché sono l’alternativa alla generazione di energia dalle fossili, che è invece causa di inquinamento ambientale, instabilità geopolitica e guerre, nonché responsabile delle emissioni di gas climalteranti che hanno portato alla crisi climatica in atto. Le Cer uniscono i vantaggi delle fonti di energia rinnovabile a quelli derivanti dalla generazione distribuita di energia, coniugando in tal modo giustizia ambientale e giustizia sociale, e rendendo socialmente desiderabile, come diceva Alexander Langer, la conversione ecologica”.

Decidere di partecipare ad una Cer, per Astuto, significa assumere consapevolezza sui propri consumi, per massimizzare l’autoconsumo, utilizzando cioè l’energia nel momento in cui gli impianti la stanno producendo: “Questo significa ricorrere direttamente ad energia prodotta senza emissioni di CO2 e in prossimità del luogo in cui viene prodotta, aumentando l’efficienza del sistema.  Da ciò deriva una presa di coscienza del proprio stile di vita e degli sprechi che possono essere ridotti ponendoci in maniera responsabile nei confronti delle risorse del Pianeta; questo comporta un ulteriore beneficio ambientale perché l’energia più pulita è quella non consumata”.

Infine i benefici sociali non vanno trascurati, anzi sono il cuore del successo o meno della comunità. Come interpretare altrimenti il fatto che i sistemi di produzione di energia pulita e di riciclo dei rifiuti di Ferla sono divenuti mete turistiche, con un tour ecologico rivolto soprattutto ai ragazzi? “La nostra azione di educatori ambientali – conclude Astuto - spesso ci porta a raccontare dei vantaggi delle fonti di energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, dalle scuole ai condomini virtuosi; poterlo fare accompagnandolo ad un’azione concreta che dimostra i benefici anche economici che ne derivano, ci aiuta a far toccare con mano la bellezza e la gratuità delle rinnovabili. Il ruolo del terzo settore diventa dunque essenziale per accompagnare la nascita di processi virtuosi di economia civile in grado di aiutare le comunità a ridurre le disuguaglianze e attuare la rivoluzione energetica dal basso”.